Il figlio del capitano - Amos Ferrini


In collaborazione con e Alma Anticeli
di Marina Beccuti - 14/11/2001
Non è il titolo di un nuovo libro, è proprio un figlio, di un grande capitano granata che fu, tale Giorgio Ferrini, padre di Amos. Lo incontriamo nella sua tolettatura per cani, in zona Gran Madre, uno dei luoghi che ricorda quella vecchia ed artistica Torino, bella e seducente, ai piedi della collina. E’ come un involucro che racchiude la storia di Ferrini, che ha rappresentato, insieme ai suoi amici compagni, quel Toro sincero e indomito di squadra sanguigna e pura. Amos qualche giorno fa ci ricordò suo padre, nel venticinquesimo anniversario della sua precoce scomparsa. Non dimenticate quel padre, un guerriero dal cuore tenero, che compose come note di una bossa nova ridente, canzoni sul campo per il cuore fiero dei granata. Amos aveva solo otto anni, la sorella dieci, quando Giorgio se ne andò. Una nota di tristezza riguarda il fatto che non ha mai potuto godere della presenza di suo padre in modo continuo
– Durante la settimana lui s’allenava e noi andavamo a scuola, il sabato e la domenica c’era il ritiro e poi la partita. Mi rimangono in mente le immagini delle vacanze, belle e spensierate, insieme agli amici, compagni di squadra. Di quel periodo mi ricordo soprattutto l’amicizia che c’era tra i giocatori, la solidarietà, se capitava qualcosa ad uno gli altri lo difendevano sempre. Oggi è difficile vedere queste cose, perché nelle squadre non si crea più il gruppo, un giocatore si ferma un anno, poi va via e ne arrivano altri, non si crea l’unione.
– Ci sono state persone, compagni, che sono rimasti vicini alla vostra famiglia?
- Tutti i colleghi di mio padre, da Cereser ad Agroppi, Sala, Albrigi, Vieri, Pulici, in particolare Sattolo, che era molto amico di Giorgio. Con loro organizzammo una partita amichevole, insieme a qualche giornalista, per il ventennale della scomparsa, ebbe successo, la giocammo al campo Agnelli, l’incasso fu devoluto in beneficenza.
– Ferrini è sepolto a Pino Torinese, sulla collina che si specchia da una parte verso le colline del Monferrato e dall’altra domina Torino, chissà come potrebbe giudicare dall’alto la sua Torino, città d’adozione e il suo Toro, proprio la sua vita. In che rapporti è la famiglia Ferrini con il Torino Calcio?
– Rapporti pochi, ogni anno ci danno due tessere omaggio per lo stadio, come per tutti gli ex giocatori, nulla più. Noi avevamo un buon rapporto con Pianelli, purtroppo poi s’è ammalato ed è stato costretto a lasciare il Toro. In seguito sono cambiate troppe dirigenze e alla fine le relazioni sono diventate solo di circostanza.
– Amos continua a tifare Toro
– Ovvio, naturale. Sono sempre andato allo stadio, anche se gli ultimi anni della B sono stati un calvario, non si vedeva un giocatore fare uno stop, un cross, uno spettacolo abbastanza squallido. Quest’anno la squadra diverte di più, è piacevole andare allo stadio.
– Mai pensato di seguire le orme del padre?
– Sono stato nei pulcini del Toro, volevo fare il portiere, mi allenavo con loro, quel ruolo mi ha sempre affascinato, però mi facevano giocare ala sinistra. Prendevo la palla con le mani, non s’è n’è fatto nulla!
– Amos è andato vicino a prendere la laurea in veterinaria, non ha finito gli esami e s’è specializzato nella tolettatura dei cani, ora è titolare di Elegantia, un’azienda di prodotti d’igiene e bellezza per animali. Riportando il discorso sul calcio, com’era quello vissuto da suo padre?
– Era semplice, c’era tanta amicizia, con le dovute distanze, adesso sono tutti amici, puoi trovare dopo un derby mischiati nello stesso tavolo giocatori juventini e granata. All’epoca magari andavano anche nello stesso ristorante, ma in tavoli ben separati! Prendiamo le vacanze, noi le passavamo con le altre famiglie di giocatori, ma ci si accontentava di poco, di andare in spiaggia, di fare grigliate, di giocare a carte. Adesso i giocatori di prestigio vanno nei posti di élite. Diventano irraggiungibili. Probabilmente era un fatto di costume, la società era più semplice, di conseguenza anche l’ambiente del calcio.
– Immagino che avrà frequentato il Filadelfia
– Certo, mi ricordo soprattutto gli scherzi che mi facevano, tipo mettermi sotto la doccia. Era molto divertente.
– Il Toro avrebbe bisogno del suo stadio
– Sì, il Delle Alpi lasciamolo alla Juve, troppo freddo, distante. Il Toro ha bisogno del suo stadio, più piccolo, ma più intimo, consono alle caratteristiche dei suoi tifosi.
– Spesso suo padre è stato considerato esageratamente duro in campo, rissoso, come ai mondiali del Cile, dove si prese a botte con un avversario, da quell’episodio qualche giornalista parlò di droga, di doping
– Abbiamo avuto questo problema, sì, fu Brera a montare su il caso, lo querelammo pure, insieme a Scalfari di Repubblica. Brera infamò mio padre in Cile, ma poi riprese la questione durante i mondiali ’90, quando mio padre non poteva più difendersi. Rifecero vedere le immagini dei mondiali precedenti e venne proprio fuori l’episodio del Cile. Brera continuò a parlare di un Ferrini drogatissimo. Telefonai alla trasmissione, volevo difendere mio padre, ma non mi passarono la linea. Così come famiglia Ferrini decidemmo di querelare i diffamatori. Vincemmo la causa penale, chiedemmo alle persone in questione di smentire quello che avevano scritto o detto, la smentita però non arrivò mai. Lasciammo perdere la causa civile perché non c’interessavano i soldi.
– Qualcuno ipotizzò anche sospetti sulla sua morte
– La sua fu semplicemente una malattia, l’arteria si ruppe una volta, riuscirono a tamponare il male, purtroppo non esisteva ancora la Tac per controlli più seri, così se ne ruppe un’altra a distanza di sei mesi e quella fu fatale.
– Gli occhi di Amos ricordano quelli di Giorgio, freddi all’apparenza, che si riempiono di dolcezza a poco a poco, una questione di timidezza e discrezione, Ferrini Giorgio si scatenava in campo, Ferrini Amos tra gli shampoo e le carezze ai suoi teneri clienti. Un altro figlio che la storia granata ci consegna, per mantenere intatti i ricordi, di chi vorrebbe dimenticare, senza riuscirci. Il Toro vero è questo, fatto di amore e ricordi, passioni e cortesia, chi ha permesso negli anni bui del Torino di mantenere inalterato il suo spirito battagliero puro e l’orgoglio. Come Giorgio Ferrini, padre di Amos.

Ritorna alla Home Page