L'ultima intervista di Valentino Mazzola

Articolo tratto da 'Bola'


Tradotta dal Giornale portoghese “Bola” uscita il 9 maggio 1949.
L’intervista fu raccolta poco prima che l’aereo del Torino ripartisse per rientrare in Italia, dopo aver giocato la partita amichevole tra il Benfica e il Torino, in onore di Francisco Ferreira, che dava l’addio al calcio
. L’ accordo per giocare questa amichevole fu raggiunto da Valentino Mazzola e lo stesso Ferreira, in occasione della partita Italia - Portogallo, giocata a Genova il 27 febbraio 1949, 4-1 il risultato a favore degli azzurri.
Ferreira e Mazzola erano i capitani delle rispettive Nazionali. Mazzola era indisposto e non gioco’ a Milano la partita contro l’Inter, ma parti’ ugualmente, pur febbricitante, per non mancare l’appuntamento con l’amico Ferreira. Mazzola era comunque il personaggio di spicco dei granata e inseguito dalla stampa locale. Le sue gesta erano ormai giunte in tutto il mondo, grazie anche alle sue presenze in Nazionale. Ricordiamo, per dovere di cronaca, che Francisco Ferreira e’ anch’egli stato vittima di un destino beffardo: e’ infatti rinchiuso in un carcere portoghese, condannato per omicidio.

La sintesi dell’intervista e’ stata tradotta da Marina Beccuti. Ringraziamo l’Ing. Andrea Caneparo, per averci inviato la copia dell’articolo, dopo aver consultato l’archivio dei giornali presso la Biblioteca di Lisbona.

VALENTINO MAZZOLA – STELLA DEL CALCIO LATINO. CAPITANO DEL TORINO E DELLA SQUADRA AZZURRA. CONCEDETTE A “BOLA” LA SUA ULTIMA INTERVISTA.

Quando intervistai Mazzola, questo straordinario maestro del calcio italiano, c’era nel cielo azzurro di Lisbona un sole caldo che dava vita e allegria. Un tempo ben differente da quello che lo aspettava in Italia, poche ore dopo la partenza da Lisbona. Un cielo buio che intristi’ e copri’ di lutto gli sportivi di tutto il mondo.

Eravamo ben lontani da questa scelta del destino, nell’ascoltare le ultime confidenze del famoso Mazzola, questo “ragazzo” che giocava a calcio con estrema sicurezza tecnica e l’improvvisazione tipica dei geni. Una personalita’ cosi’ forte che, nonostante fosse circondato da eccellenti giocatori, molti dei quali internazionali, tutti, dal Torino alla Nazionale, dipendevano da lui. Con Mazzola in condizione era garantita l’esibizione positiva di tutta la squadra.
Se Mazzola, per qualche circostanza, non rendeva al massimo della sua capacita’, l’esibizione di tutta la squadra era inferiore. Peccato che Lisbona non pote’ ammirarlo nel pieno delle sue forze. Potemmo solo intravedere la sua magnifica classe di atleta straordinario. Il pubblico, entrando allo stadio, ignorava la sua non buona condizione fisica: febbre, ma di testa e di gola
. Prima di entrare in campo ci disse: < Se non si trattasse di un omaggio a Ferreira e non fosse capitata la circostanza dell’incontro Italia -Portogallo, che gagliardamente affrontammo a Genova, ed essendo entrambi capitani delle rispettive nazionali, non sarei venuto in Portogallo. Mi sento male, non sono in condizioni di giocare, ma non potevo non portare un abbraccio della Nazionale Italiana al valoroso giocatore che e’ Ferreira. >
Si seppe, da questa intervista, che Mazzola non era in buone condizioni. Quando Mazzola, il giorno dopo, arrivo’ all’aeroporto, col suo abito di gabardine e il cappello, gli chiedemmo l’intervista. Il grande campione, ancora febbricitante, ci chiese di sederci in una saletta dell’aeroporto, piu’ confortevole che stare nei pressi della pista. Gli dicemmo che aveva grande popolarita’ nel nostro paese. Mazzola si dimostro’ dispiaciuto di non aver potuto giocare al meglio. Non si sentiva bene, ma era sceso ugualmente in campo perche’ quella era la sua professione e anche la sua passione. Iniziammo cosi’ la nostra intervista, ignorando che sarebbe stata l’ultima della sua vita.
Secondo la sua opinione, il calcio italiano e’ progredito dopo la vittoria dell’Italia ai Mondiali? Mazzola: < Il calcio progredisce sempre, anche se una squadra tende piu’ a difendersi. L’importante e’ vincere. Diverso e’ il discorso se si vuole vedere giocare del bel calcio. In Italia il gioco potra’ essere sempre diverso, nonostante si dica che il calcio dell’anteguerra era migliore di adesso, dove si tende a difendere di piu’. Anche se posso pensare il contrario. Tanto nessuno ci perde a discuterne. >
Qual e’, dunque, la sua opinione? Mazzola: < Devo dire che considero il calcio un gioco molto semplice, in cui si puo’ vincere se non si gioca sempre nel medesimo modo. Si possono aggiungere delle varianti per dare piu’ dinamismo. Si puo’ anche improvvisare fuori dalle basi classiche. Sono dell’opinione che il calcio moderno deve avere la caratteristica vincente del gioco di squadra. > “Maestro”, qual e’ la sua opinione sul calcio portoghese? Mazzola: < I giocatori lottano molto, ma non hanno un grande gioco di squadra, devono ancora lavorare sotto questo aspetto. >
E il calcio spagnolo? Mazzola: < Singolarmente gli spagnoli sono migliori dei calciatori portoghesi. Ma spesso il loro gioco disarticolato favorisce gli avversari. >
Riconosce i vantaggi del calcio veloce? Mazzola: < Certo. Il calcio ci guadagna con una rapida esecuzione, ma non si puo’ dire che i calciatori siano contenti di correre molto, di saltare in continuazione per togliere il pallone dalla testa dell’avversario. Correre molto e arrivare a mezzo cammino non sempre e’ utile. E’ meglio correre meno e portare via piu’ tempo agli avversari e arrivare con piu’ precisione sulla palla. Questa per me e’ la vera rapidita’. >

Mazzola parti’ e purtroppo il seguito, tristemente, lo conosciamo. Mazzola non parlera’ piu’ ai giornalisti con la sua naturalezza, la sua sportivita’, il suo sorriso accattivante e la sua esuberanza tipica latina. Mazzola riempiva gli stadi con la sua personalita’ inconfondibile, con la sua classe, la sua radiosa allegria. Tutto questo diventera’ leggenda nella storia del calcio.

L’articolo estratto da “Bola” non e’ firmato.